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ricominciare

Il 15 settembre, giovedì, stavamo ultimando il nostro calendario autunnale, che ci avrebbe poi inoltrato ad un inverno incredibile e ricco di iniziative, incontri, eventi. Tutto quello che avevamo già in programma guardava con occhi luccicanti ad un percorso che sarebbe giunto prima alla primavera, con festival, musica, laboratori e pranzi e cene nuovamente all’aperto, per poi concludersi alla fine dell’estate con una grande festa, una festa che sognavamo da mesi e per cui con tutto il team dello Spunk, a fine serata, ci ritrovavamo a discutere ed immaginare. Questo lungo percorso aveva come filo conduttore la natura, il nostro territorio, i suoi mutamenti, le nostre responsabilità e la volontà di parlare ed educarci, approfondire, divertirci anche, per capire, migliorare e creare un dialogo tra più parti, intravedere un’abitabilità futura e un futuro abitabile e rispettoso qui, a casa nostra. Assieme ai nostri anziani, accompagnando i nostri bambini.

Poi il 15 settembre, che era un giovedì, ogni cosa si è dovuta fermare, perché in quel momento solo l’onda del fiume sembrava avere il diritto di andare.

Sono passati giorni, settimane di dolore, rabbia, incredulità ma anche quella sorta di acidità di stomaco che ti fa dire ‘c’era da aspettarselo’. Sono passate settimane e il tempo ha assunto dimensioni quanto mai irreali e incomprensibili. Ottobre è arrivato, è tornato anche il caldo e  ancora troviamo fango e detriti in parti inimmaginabili di questo nostro mondo, che dalla montagna arriva al mare e che oggi non è più un buono slogan per nessuna promozione turistica.

Sentiamo un legame però, che effettivamente si srotola dalle nostre montagne che fanno da cornice al nostro orizzonte, qui, dal paesino e giunge e si scontra e si mescola con il mare, che grazie al vento ogni tanto arriva fin qui, ad accarezzare questi campi, ora fradici, franati, incoltivabili eppure presenti, legati ai piedi delle prime case, che via via si fanno più fitte, fino al campanile della chiesa. Questo, guardare questo, sentire questo per noi è la profondissima verità che è qui che dovremmo stare, alla ricerca dell’ennesimo altrove.

Guardando questo, sentendo questo, nelle ultime settimane una delle più forti sensazioni che abbiamo avuto è stata quella di non riuscire a trovare più nulla da fare, più nulla da pensare. Più nulla da proporre, da condividere, da coltivare. Seduti ai margini di un campo, sul crinale della collina che da un lato vede il Nevola esondato e dall’altro il paese, abbiamo provato paura e sconforto perché sembrava non poter esserci un futuro da continuare ad immaginare.

La pioggia ha continuato a cadere, il vento a soffiare, i giorni a passare amari e noi a restare lì, coi piedi sprofondati in quel fango della mente, così addolorati ed irrequieti.

Niente di questo può passare, può essere dimenticato. E infatti non passa e rimane lì, come il fango che troviamo ancora ovunque, nella merce che ci viene consegnata, sotto i tavoli dopo il servizio della cena, nello zerbino dell’ingresso, lungo il marciapiede. E questo è un fango che non si scrosta, non si scioglie, non si secca. Ma prima o poi è opportuno, necessario, urgente ricominciare e in maniera dirompente. Come il Nevola, come il Misa il 15 di settembre.

Ricominciamo, scartando il calendario perfetto che avevamo costruito per questo nuovo periodo, dall’autunno all’estate. E ripartendo dalla cima della matassa, un pezzettino alla volta, ma con intenzione, volontà, determinazione. Quel vecchio calendario già prima per noi urgente ora si è reso indispensabile, ma va riformulato, ripensato, ricreduto. Dobbiamo farci pace, dobbiamo riparlarci, rivestirlo nuovamente di un nuovo senso. Un nuovo vestito che avremmo preferito non averne bisogno.

Ma oggi questo cuore è ingrossato di un’urgenza di giustizia e di memoria. Questa testa vuole l’ossigeno che potrà farle capire che restare qui è possibile e queste gambe sono salde, coscienti che questo è l’unico posto su cui possono camminare ancora.

Ricominciamo. Anche se non abbiamo ancora potuto salutare Brunella. Ricominciamo. Anche se non vedremo più Noemi venire a fare colazione da noi. Ricominciamo. Anche se Mattia non si acciambellerà più come un gatto sulla poltrona più comoda a sgranocchiare i nostri biscotti.

Ricominciare. Che è l’unica preghiera che ha senso recitare insieme.

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